Negli ultimi anni l’espressione “teoria del gender” si è letta frequentemente sui giornali. Spesso, però, a questo termine sono stati attribuiti significato distorti. Facciamo quindi un po’ di chiarezza.
Il termine “gender”, in italiano “genere”, viene utilizzato per riferirsi al concetto di identità di genere: ovvero la percezione di sè in quanto appartenente a ciò che i costrutti sociali definiscono maschile o femminile.
In questo senso, l’identità di genere trascende il sesso assegnato alla nascita.
Espressioni strettamente correlate a questo concetto sono quelle di cisgender e gender variant. Con cisgender si intende la concordanza tra la propria identità di genere e il sesso assegnato alla nascita. Il termine gender variant si riferisce, invece, a chi non riconosce il genere come concetto binario (dicotomico, maschi e femmine) e non si riconosce nei ruoli socialmente definiti di genere maschile e femminile.
Questo modo fluido di pensare l’identità mette in discussione quanto proposto dalla società come punti fermi: esiste un maschile e esiste un femminile a cui appartenere in modo definitivo e correlato al corpo.
Per orientarsi nella complessità del mondo LGBT+, proviamo a definire alcuni punti cardine.
Identità sessuali: un costrutto multidimensionale
Come illustrano Ferrari, Ragaglia e Rigliano ne Il genere: una guida orientativa
“l’identità sessuale è l’identità complessiva della persona, l’insieme dei piani, delle dimensioni e degli aspetti – dal corpo, alla mente, al modo di presentarsi agli altri – con cui la persona si identifica, viene identificata e si fa identificare dagli altri.“
Si tratta quindi di un costrutto composto da più livelli che nel parlare comune vengono spesso confusi e fatti coincidere.
Approfondiamo brevemente alcuni livelli delle identità sessuali:
- Sesso biologico: è il sesso assegnato alla nascita.
- Identità di genere nucleare: corrisponde alla percezione interiorizzata di sè come maschio o femmina
- Ruolo di genere: ciò che è culturalmente e socialmente identificato come maschile o femminile. Sono quei comportamenti che tramite la norma sociale e le credenze condivise, definiscono quali comportamenti e atteggiamenti sarebbero adatti al ruolo maschile o femminile
- Orientamento sessuale: è l’attrazione sessuale che ognuno sente verso uno dei due sessi o entrambi.
- Identità di orientamento sessuale: è la percezione del proprio orientamento sessuale.
Questi livelli sono influenzati dai vari contesti e norme sociali e possono combinarsi in una persona in modi molto differenti.
Il gender e gli studi di genere
Gli studi di genere si occupano dei significati socio-culturali legati all’identità di genere e al ruolo di genere. Sono studi multidisciplinari che hanno il merito di sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto al tema dell’identità di genere, mettendo in relazione la biologia sessuale della persona e l’influenza complessa di fattori psicologici, educativi e socio-culturali, quindi per nulla scontata e predefinita.
I primi studi in tal senso, muovono i loro passi nel femminismo che nel 1975 parla già di sex-gender system, un sistema binario asimmetrico per cui la differenza tra i caratteri sessuali biologici viene trasformata in modo arbitrario in una disparità tra uomo e donna. Rientrano in questi studi tutti quelli relativi agli stereotipi e ai preconcetti del mondo maschile sul femminile.
Con gli anni, il contributo scientifico di questi studi, aiuta l’OMS a escludere l’omosessualità dalle malattie, ribadendo che l’omosessualità sia una variante normale non patologica della sessualità umana.
Successivamente l’UNICEF, nel 2014, sottolinea la necessità di intervenire contro ogni forma di discriminazione nei confronti dei bambini e dei loro genitori basata sull’orientamento sessuale e/o l’identità di genere.
Viene anche chiarito come favorire l’educazione sessuale nelle scuole e inserire nei progetti didattico-formativi contenuti riguardanti il genere e l’orientamento sessuale, non significa promuovere un’inesistente “ideologia del gender”, ma fare chiarezza sulle dimensioni costitutive della sessualità e dell’affettività, favorendo una cultura delle differenze e del rispetto della persona umana, in tutte le sue dimensioni, e mettendo in atto strategie preventive adeguate ed efficaci, capaci di contrastare fenomeni come il bullismo omofobico, la discriminazione di genere, il cyberbullismo.
La seria e appropriata diffusione di tali studi attraverso corrette metodologie didattico-educative può dunque offrire occasioni di crescita personale e culturale ad allievi e personale scolastico e a contrastare le discriminazioni basate sul genere e sull’orientamento sessuale nei contesti scolastici, valorizzando una cultura dello scambio, della relazione, dell’amicizia e della non-violenza.
La teoria del gender
Il concetto pregiudizievole di “teoria del gender”, che non coincide con gli studi di genere, nasce all’interno degli ambienti cattolici negli anni ’90. Secondo i sostenitori della teoria del gender, gli studi di genere avrebbero l’obiettivo implicito di voler mettere in discussione l’idea di famiglia tradizionale basata su una chiara definizione di sessi e ruoli di genere.
Dale O’Leary, giornalista, attivista dell’Opus Dei, pubblica nel 2006 “Maschi o femmine? Una guerra sui generi” in cui troviamo una prima formulazione di quella che poi verrà conosciuta come la “teoria del gender”.
Secondo la giornalista i sostenitori dell’ideologia del gender sarebbero:
– il gruppo che si occupa del controllo della popolazione;
– quello dei libertari della sessualità;
– gli attivisti dei diritti dei gay.
L’espressione “teoria del gender” nasce, in sintesi, da una moderna “caccia alle streghe” a causa di un percepito presunto attacco alla famiglia tradizionale.